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Bonifica Renana, una storia nata nel 1909

La pianura a nord della via Emilia è il frutto di un lavoro secolare di bonifica in un territorio lasciato per moltissimo tempo in balia di allagamenti ed alluvioni. 

I primi a promuovere il recupero dei suoli furono nel Medioevo i monaci benedettini, soprattutto grazie alla spinta data dalle abbazie di Nonantola, San Benedetto Po e  Pomposa. l lavori erano affidati ai contadini, con cui i monaci stipulavano contratti di lungo periodo, basati sul patto di curare i canali e le opere di bonifica. Successivamente le autorità civiche comunali, le signorie e le istituzioni locali proseguirono l’opera di bonifica delle paludi e di recupero di suoli coltivabili, grazie al sistema della “colmata”.
Ma l’antenato vero e proprio dell’attuale Bonifica Renana è l’Assunteria bolognese dei Confini e delle Acque (1518-1797), che riuniva a sua volta le Congregazioni di Scolo.

Il problema principale per le istituzioni cittadine fu sempre il recapito finale dei tumultuosi fiumi e torrenti appenninici, soprattutto del Reno: durò a lungo la controversia tra Ferrara e Bologna sull’immissione del Reno nel Po. Furono secoli di diatribe politiche e militari, accompagnate da grandi rotte arginali, ma su questi confronti si fondò la disciplina idraulica.Nel ’700 venne realizzato il Cavo Benedettino per incanalare le acque del Reno nel ramo abbandonato del Po di Primaro e, grazie all’attuazione del progetto Lecchi-Boncompagni, la pianura bolognese si avviò verso l’assetto idraulico di oggi.
Napoleone istituì la Magistratura delle Acque con i Circondari idraulici: cinque di questi confluirono nella Bonifica Renana, nata nel 1909 per realizzare la sistemazione definitiva di tutto il territorio racchiuso tra i fiumi Reno e Sillaro.

Ad inizio Novecento, grazie al progetto idraulico dell’ing. Pietro Pasini e all’impiego dell’energia meccanica negli impianti idrovori di sollevamento, si raggiunse finalmente l’obiettivo e nel nodo idraulico di Saiarino si realizzò la principale confluenza delle acque bolognesi.
Un’opera di trasformazione territoriale colossale, attuata tra il 1917 e il 1925 attraverso il lavoro di migliaia di persone (braccianti locali e prigionieri di guerra dell’esercito austriaco). Furono scavati 860 km di canali e le casse di espansione di Campotto, Bassarone e Vallesanta, furono costruiti gli impianti idrovori di Saiarino e Vallesanta, tuttora perfettamente funzionanti, e le migliaia di manufatti idraulici che ancora oggi ci consentono di presidiano la sicurezza idraulica della pianura bolognese.

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